Nicolato: “Quando riprenderemo a giocare puntiamo sui giovani!”
Intervista all’allenatore dell’Under 21, tra lavoro da casa, passione musicale e riflessioni sul futuro del calcio azzurro giovanilemercoledì 6 maggio 2020
Dalla scorsa estate sulla panchina dell’Under 21 siede Paolo Nicolato, precedentemente tecnico delle nazionali giovanili Under 18, Under 19 e Under 20. Un’avventura che lo ha visto guadagnare la finale dell'Europeo U19 nel 2018 e la semifinale del Mondiale U20 nel 2019; un percorso di crescita, individuale e di gruppo, che attualmente vede la sua squadra inseguire la qualificazione al campionato continentale di categoria con alle spalle tredici punti, collezionati in cinque gare. Nato il 21 dicembre 1966 a Lonigo, ma attualmente residente nel verdeggiante comune scaligero di Sona, lo abbiamo intervistato in esclusiva.
Come è la sua vita tra le mura domestiche?
Mi sto dedicando al lavoro e ai miei familiari, cercando di dare loro una mano nelle attività domestiche. E penso che l’avere potuto condividere tanto tempo con la mia famiglia sia stato uno degli aspetti positivi di questo periodo, tanto più per chi, come me, è sempre stato un po’ assente da casa, per via degli impegni lavorativi. Riesco a tenermi anche un po’ in movimento, allenandomi in giardino, e riempio ulteriormente le giornate leggendo e ascoltando musica, la mia grande passione.
Che tipo di musica le piace?
Un po’ di tutti i tipi, dall’hard rock alla musica classica. Ma principalmente ascolto i brani di band della mia gioventù, come Pink Floyd ai Dire Straits. La loro musica è di qualità, quindi senza tempo.
Non è il solo appassionato di musica in famiglia...
Mia figlia, che ha 16 anni, suona da tempo la chitarra elettrica. E, con una sorprendente facilità di adattamento, tipicamente giovanile, si è adattata a questo periodo, continuando a prendere le lezioni ed esercitarsi attraverso internet.
E’ rimasto in contatto con gli Azzurrini?
Sì. D’altra parte è un gruppo che seguo ormai da quattro anni come allenatore delle varie squadre giovanili azzurre. Ci scambiamo notizie, li aggiorno su ciò che stiamo facendo e analizziamo le vecchie partite. Lo stesso avviene con Club Italia e lo staff guidato dal coordinatore delle nazionali giovanili Maurizio Viscidi, con cui sistematicamente faccio riunioni in conference call.
Quanto influisce questo stop del calcio giocato sui suoi programmi futuri?
Al momento non è possibile prevederlo, perché non è ancora chiaro cosa avverrà. Forse sapremo qualcosa di più verso fine mese, ma siamo in attesa. Dovremo capire come un’eventuale compressione degli impegni potrà conciliarsi con i campionati. Non ultimo, attendiamo di sapere se sarà mantenuta la squadra dell’attuale biennio, dato che, slittando le competizioni di molti mesi, alcuni ragazzi si ritroveranno ad avere 24 anni e, salvo specifici provvedimenti, dovranno uscire dal gruppo per ragioni anagrafiche. A tale riguardo, non so quanto sarebbe giusto privarli di un’esperienza tanto formativa come quella dell’Under 21.
Che indicazioni le aveva dato la stagione agonistica interrottasi a marzo?
A livello di giovani, bisogna fare una differenza tra le due serie. In Serie A non molti ragazzi hanno avuto la possibilità di giocare con continuità; e alcuni di quelli che lo hanno fatto fanno già parte della Nazionale maggiore. Motivo per cui abbiamo costruito una squadra a partire da un nutrito gruppo di giocatori militanti in Serie B, campionato che ha offerto ai giovani un minutaggio di impiego maggiore.
Che calcio vorrebbe ritrovare alla ripresa?
Per ruolo e convinzione, sono sempre stato portato a pensare al calcio come a uno sport per i giovani. Nel nostro mondo i risultati arrivano se si trovano i ricambi giusti e se germogliano nuovi campioni. Quindi mi auguro che alle nostre nuove leve siano assegnati sempre più ruoli da protagonista. D’altra parte, sono le opportunità concesse che danno modo alle persone di mostrare il proprio valore, magari anche a 16 anni.
Infine, a chi assegnerebbe lo “Scudetto del Cuore” per la lotta al Coronavirus?
Lo darei alle persone di grande cuore, che si stanno mettendo a disposizione degli altri. Agli uomini e alle donne di tutti gli ambiti - dalla sanità al sociale - con capacità di pensare anche al prossimo e non solo a se stessi. Sono sempre rimasto colpito da chi riesce a mettersi in gioco senza essere mosso da interessi personali, e credo che, di questi tempi, una simile attitudine vada premiata.