Interviste

Il sorriso del Capitano. Monica Abate: dal Genoa al Sedriano con la fascia al braccio

A tu per tu con l'attaccante: “Essere il capitano vuol dire cercare di impegnarmi sempre, anche quando a volte mi sembra di non farcela e sono scarica".

mercoledì 19 febbraio 2020

Il sorriso del Capitano. Monica Abate: dal Genoa al Sedriano con la fascia al braccio

Ti strappa più volte una risata durante l’intervista per la sua spontaneità: Monica Abate, 22 anni compiuti a maggio, una passione per il Milan e Patrick Cutrone, il calciatore del club rossonero passato da poco alla Fiorentina. Fascia di capitano al braccio, un mix di dolcezza e tenacia che la contraddistingue insieme all'amore per lo sport ed il calcio in particolare, come ci racconta con accanto sua mamma Cristina, sua prima fan che la segue tra allenamenti e partite.

Monica e il calcio: come inizia questa tua passione?
“Se penso al calcio, la prima persona che mi viene in mente è mio zio. Lui giocava a calcio, grande tifoso milanista, mi ha trasmesso l’amore per questo sport e per il Milan. Grazie a lui vado sempre allo stadio ogni volta che posso e non mi perdo una partita. In generale mi piace lo sport, l’ho sempre praticato fin da bambina: atletica, basket, corsa. Ero brava a correre e vincevo. Poi crescendo il fisico è cambiato, mi sono avvicinata al calcio e dal 2018 ho iniziato con Quarta Categoria”.

Prima nel Genoa fs ed ora nell’ACD Sedriano fs: sempre con la fascia di capitano al braccio. Cosa rappresenta per te?
“Essere il capitano vuol dire cercare di impegnarmi sempre, anche quando a volte mi sembra di non farcela e sono scarica. E poi fare tanti gol. Sono attaccante, è normale che mi chiedano di fare gol. Nel Genoa, dove ho cominciato, ne ho fatti tanti. Da quest'anno gioco nel Sedriano e spero di farne molti, anche se il campionato è iniziato con una sconfitta e non è andata molto bene la prima giornata. Abbiamo perso e soprattutto non ho giocato al meglio”.

Perché?
“Ero l’unica attaccante in campo e non avevo nessuno che potesse supportarmi e passarmi la palla. All'inizio mi ero un po’ demoralizzata ma poi Valentina, la mia mister che mi conosce molto bene, mi ha spinto a tirare fuori la grinta e mi ha dato la motivazione giusta che mi serviva , anche se il risultato non è cambiato. Ma devo ringraziarla; Valentina è una grande e sa tirare fuori il meglio da tutti noi. Ci sa stare vicino e ci guida. Le voglio molto bene anche se spero che prenda anche un altro attaccante. Ho bisogno di qualcuno che mi passi la palla e prometto che mi impegnerò moltissimo. Come ci dicono sempre, però, l’importante è che ci divertiamo. Non conta la sconfitta, ma la cosa principale è stare bene”.

E tu che calciatrice sei? I tuoi punti di forza?
“Sono brava a dribblare e cerco sempre di tirare per fare goal. Corro e attacco. Quando gioco a calcio non penso e dimentico tutto, anche la mia disabilità. Quando sono in campo non penso che a giocare e a dare il massimo. Tutto il resto scompare. Sono libera e mi sento soltanto una calciatrice ”.

Cosa ti ha insegnato il calcio?
“A sentirmi libera, è una passione”.

Fissiamo un obiettivo personale per la stagione?
“Sì, prometto di allenarmi con impegno e poi voglio superare i sette gol fatti l’anno scorso. Magari sarebbe bellissimo farne uno ad una squadra fortissima come il Novara, per esempio. Non sarà facile, ma ci proverò con tutto il mio cuore”.

Dolcezza e grinta: ecco Monica.